Maya, la civiltà perduta
Bisogna risalire di molti secoli per ritrovare le radici della civiltà Maya che prosperò nella zona dello Yucatan tra il 1500 a.C al quasi mille, nell'odierno Messico.
Tutti sanno della presunta profezia, che più che sconvolgere la Terra, sta portando tanto turismo a riscoprire i siti archeologici Maya. Sconfitta dalla scienza, la credenza è diventata voglia di conoscere la civiltà Maya.
I Maya amavano la circolarità del tempo legata alla loro cultura agricola e quindi calendarizzavano come noi facciamo con le stagioni e gli anni. Se poi si va a Chichen Itza, considerata la loro capitale, tutto fa riferimento allo scorrere naturale del tempo, dalle alba agli equinozi.
Le rovine, considerate tra le zone archeologiche più importanti al mondo, si estendono su un area di 3 chilometri quadrati e conservano la famosa piramide, un tempio chiamato El Castillo. Il tempio è costruito in modo tale che agli equinozi di primavera e d'autunno si proietti un'ombra.
Un'ombra a forma di serpente piumato, lungo la scalinata nord, nel momento del tramonto e dell'alba.
Poco oltre superato il tempio dei Guerrieri e il più grande dei sette campi da gioco dei Maya,si arriva al Complesso des Las Monjas, dove le maschere dedicate alla pioggia costituiscono l'elemento naturale prevalente. Segue un edificio rotondo, usato come osservatorio astronomico, con le porte allineate con la posizione del sole all'equinozio di primavera.
Luoghi intrisi di una forte venerazione dei fenomeni celesti e agresti.
Immagini: whatafy.com - world-mysteries.com
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