GIUDITTA E OLOFERNE, IL PILOTA MILITARE E IL PIACERE PARADOSSALE


Un giorno di primavera, mentre rincasavo, mi sentii chiamare e voltandomi, con grande sorpresa, riconobbi un caro amico della mia città natia. Ci salutammo con gioia e spontaneità, abbracciandoci. Non ci si vedeva da parecchio e restammo a parlare per un po’ accomodandoci in un caffè li nei pressi. Mi disse che si era fatto quattro anni quattro anni in psichiatria specializzandosi poi in neurologia e per questo ora aveva preso casa a Roma nella strada parallela in cui abitavo. In effetti, con quei suoi occhioni blu e l’aria folle e ridente che, per come lo ricordavo aveva conservato, non mi sorprese molto il genere di studi che aveva abbracciato, in quanto, secondo me, vi sembrava destinato. Inoltre, quando mi rivelò le ragioni che lo avevano indotto a scegliere quella facoltà, ebbi ulteriore conferma delle mie supposizioni.  

La scelta di studiare materie così complesse, infatti, ebbe spunto da un’esperienza che provò nel periodo in cui faceva il pilota militare nella scuola sottoufficiale dell’aeronautica. Un suo collega gli aveva confidato che quando faceva acrobazia con l’aeroplano, gli capitava di raggiungere l’orgasmo. Folgorato e incuriosito dalla confidenza fattogli, decise d’iscriversi a medicina per conoscere meglio il meccanismo cerebrale e presso l’Università “La Sapienza” trovò tutte le porte aperte per la ricerca sperimentale che iniziò con il praticare sui gatti per poi passare ai conigli. Il suo primo approccio fu lo studio delle emozioni.  


All’epoca io lavoravo come consulente aziendale in una multinazionale americana con la sede italiana a Milano. Ero spesso in giro per la penisola, e in quel periodo dovetti pure  traslocare, spostandomi a Roma Eur.  Questo non mi consentì più d’incontrare l’amico dottore Gianluca Mattioli, fino a che, molti anni dopo, ci ritrovammo su Facebook e diventammo amici virtuali. Fu allora che capii la portata del suo lavoro scientifico. Attraverso i post che scriveva sul social riuscii pian piano a comprendere il risultato dello studio che aveva portato avanti brillantemente per molti anni. In tal modo cominciai a prendere confidenza con il termine da lui coniato “Piacere paradossale”, sebbene, leggendo i suoi scritti, capii che la prima vera intuizione la ebbe quando era un giovinetto, cioè ancor prima della confessione del suo amico pilota. Venni così a conoscenza di come si fosse inserita nel suo cervello l’idea che lo accompagnerà per il resto della vita. Il primo impulso lo ebbe allorché suo padre, un giorno, lo condusse a visitare una mostra del Caravaggio, dove innanzi la magnificenza di “Giuditta e Oloferne”, un quadro giovanile del celebre pittore, restò strabiliato nell’osservazione della bella e giovane vedova, donna virtuosa e molto amata dal popolo ebraico, in procinto di tagliare la testa al crudele comandante assiro. Ammirandola, i suoi occhi indugiarono maliziosamente sul corpetto slacciato dell’abito di broccato che indossava e notò la candida camicia sottostante, che traspariva e aderiva ai seni turgidi, tradendo un certo grado di eccitazione sessuale. L’episodio dell’Antico Testamento ci racconta che una notte Giuditta si preparò, si vestì e si recò assieme alla serva Abra presso la tenda di Oloferne, portando con sé dei doni e fingendo di voler tradire il suo popolo per consegnarlo al nemico. Il generale assiro le credette, invitandola al suo banchetto e poi nelle sue stanze, dove Giuditta lo sedusse grazie alla sua sfolgorante bellezza, facendolo bere. Quando lo vide stordito dall’ebbrezza del vino lo uccise mozzandogli la testa con due colpi di scimitarra, deponendola con l’aiuto della serva in una cesta di vimini, per tornare vittoriosa presso il suo popolo.  

In breve, il “Piacere paradossale” è una condizione metabolica cerebrale caratterizzata dal disagio della rabbia, dell'ira… cioè da quella condizione metabolica del cervello dovuto principalmente ad uno stato emotivo di precarietà esistenziale. Lo stato di precarietà di Giuditta derivava dal terrore dell’assedio della sua città Betulia da parte degli Assiri guidati dal generale Oloferne, delegato di Nabucodonosor. In sostanza Giuditta provò il piacere paradossale ad  uccidere; sentì che lo doveva fare come una cosa a cui non poteva rinunciare perché era più forte della sua volontà, glielo imponeva il  cervello.  


Il “Piacere paradossale” è un meccanismo semplice da individuare, in quanto il soggetto esecutore si trova ad avere il sistema del dolore saturo per la precarietà emotiva, esistenziale, per cui il sentimento doloroso di uccidere travasa nel sistema del piacere diventando una scelta paradossale, compiendo, come nel caso di Giuditta, l'assassinio, nel momento in cui il dolore di uccidere diventa piacere paradossale.  

Il suo collega pilota, che esponendosi attraverso l’acrobazia al pericolo della morte, viveva uno stato di precarietà, sperimentò così la sensazione di pericolo in uno stato di eccitamento dovuto all’esposizione del pericolo stesso. A questo punto, un’ulteriore sollecitazione dolorosa, sempre legata alle manovre acrobatiche, finiva con il saturare il sistema del dolore che tracimando, attivava il sistema del piacere e paradossalmente provocava l’orgasmo.  


Lo studio è stato dimostrato alla comunità scientifica ed è riconosciuto in tutto il mondo. E lo si può collegare anche ai sogni, partendo dal presupposto che si dorme per archiviare. Gli eventi dolorosi vanno nella memoria del dolore perché e collegata al sistema del dolore; gli eventi piacevoli della veglia  vanno nella memoria del piacere perché c’è il sistema del piacere. Ma non c’è un sistema del dolore gradevole. C’è l’odio, la rabbia, la vendetta, la rivalsa e la ripicca. Allora il cervello, siccome riconosce il piacere paradossale come una cosa altamente tossica per l’uomo, glielo comunica attraverso il sogno.  

Grazie quindi al dottor Gianluca Mattioli è stato fatto un ulteriore passo in avanti pure nel mondo dell’onirico, un argomento talmente affascinante che potrà riservarci chissà quali altre sorprese nel prossimo futuro. 


RACCONTO DI LUCIANO VECCHI 


Immagine: satori.lv/article/post-coitum

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