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GIUDITTA E OLOFERNE, IL PILOTA MILITARE E IL PIACERE PARADOSSALE

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Un giorno di primavera, mentre rincasavo, mi sentii chiamare e voltandomi, con grande sorpresa, riconobbi un caro amico della mia città natia. Ci salutammo con gioia e spontaneità, abbracciandoci. Non ci si vedeva da parecchio e restammo a parlare per un po’ accomodandoci in un caffè li nei pressi. Mi disse che si era fatto quattro anni quattro anni in psichiatria specializzandosi poi in neurologia e per questo ora aveva preso casa a Roma nella strada parallela in cui abitavo. In effetti, con quei suoi occhioni blu e l’aria folle e ridente che, per come lo ricordavo aveva conservato, non mi sorprese molto il genere di studi che aveva abbracciato, in quanto, secondo me, vi sembrava destinato. Inoltre, quando mi rivelò le ragioni che lo avevano indotto a scegliere quella facoltà, ebbi ulteriore conferma delle mie supposizioni.    La  scelta di studiare materie così complesse, infatti, ebbe spunto da un’esperienza che provò nel periodo in cui faceva il pilota militare nella scuola sottouf