Il fedele Argo


Uno dei passi più commoventi dell'Odissea: Argo, il cane di Odisseo, trascurato da tutti, lasciato in mezzo al letame e pieno di zecche, riconosce subito, nel mendicante, il proprio padrone. Scodinzola, abbassa le orecchie e, finalmente felice di aver visto tornare Odisseo dopo venti anni, muore.

"E mentre dicevano queste cose tra di loro,

un cane, che stava disteso, alzò la testa e le orecchie,

Argo, il cane dell'intrepido Odisseo, che lui stesso un tempo

nutrì, ma non ne trasse vantaggio: andò prima alla sacra Ilio.

In passato giovani uomini lo portavano a caccia

di capre selvatiche e di cervi e di lepri;

ma ora, partito il padrone, giaceva trascurato

sul molto letame di muli e buoi che davanti alle porte

stava ammucchiato in abbondanza, perché lo portassero via

i servi di Odisseo, per concimare il grande podere;

là giaceva il cane Argo, pieno di zecche.

Ma appena sentì che Odisseo era vicino

quello mosse la coda e abbassò entrambe le orecchie

ma non oltre poté avvicinarsi al proprio padrone.

E quello, avendo visto da lontano, si asciugò una lacrima,

facilmente sfuggendo a Eumeo...

...

E subito il fato della nera morte colse Argo,

appena ebbe visto Odisseo dopo vent'anni".

(Odissea XVII, 290-305, 326-327)


ὣς οἱ μὲν τοιαῦτα πρὸς ἀλλήλους ἀγόρευον:

ἂν δὲ κύων κεφαλήν τε καὶ οὔατα κείμενος ἔσχεν,

Ἄργος, Ὀδυσσῆος ταλασίφρονος, ὅν ῥά ποτ᾽ αὐτὸς

θρέψε μέν, οὐδ᾽ ἀπόνητο, πάρος δ᾽ εἰς Ἴλιον ἱρὴν

ᾤχετο. τὸν δὲ πάροιθεν ἀγίνεσκον νέοι ἄνδρες

αἶγας ἐπ᾽ ἀγροτέρας ἠδὲ πρόκας ἠδὲ λαγωούς:

δὴ τότε κεῖτ᾽ ἀπόθεστος ἀποιχομένοιο ἄνακτος,

ἐν πολλῇ κόπρῳ, ἥ οἱ προπάροιθε θυράων

ἡμιόνων τε βοῶν τε ἅλις κέχυτ᾽, ὄφρ᾽ ἂν ἄγοιεν

δμῶες Ὀδυσσῆος τέμενος μέγα κοπρήσοντες:

ἔνθα κύων κεῖτ᾽ Ἄργος, ἐνίπλειος κυνοραιστέων.

δὴ τότε γ᾽, ὡς ἐνόησεν Ὀδυσσέα ἐγγὺς ἐόντα,

οὐρῇ μέν ῥ᾽ ὅ γ᾽ ἔσηνε καὶ οὔατα κάββαλεν ἄμφω,

ἆσσον δ᾽ οὐκέτ᾽ ἔπειτα δυνήσατο οἷο ἄνακτος

ἐλθέμεν: αὐτὰρ ὁ νόσφιν ἰδὼν ἀπομόρξατο δάκρυ,

ῥεῖα λαθὼν Εὔμαιον...

...

Ἄργον δ᾽ αὖ κατὰ μοῖρ᾽ ἔλαβεν μέλανος θανάτοιο,

αὐτίκ᾽ ἰδόντ᾽ Ὀδυσῆα ἐεικοστῷ ἐνιαυτῷ.


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Ripreso da un post su facebook dal profilo di Massimo Scalisi


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