Storia d'intrighi, potere e sesso nelle stanze del Laterano...
“… andavano a caccia su cavalli bardati d’oro, facevano ricchi banchetti con danzatrici quando la caccia era finita e si ritiravano con le loro puttane in letti con lenzuola di seta e coperte ricamate in oro. Tutti i vescovi romani erano sposati e le loro mogli vestivano abiti di seta e paramenti sacri. " Questo al tempo di papa Sergio III (904-911). Parole scritte da Liutprando, vescovo di Cremona (886 – 950) nel suo Antaposidis, una storia del papato.
Fu una lunga e peccaminosa stagione, che segnò uno dei periodi più torbidi della Chiesa di Roma. In appena 32 anni (872 - 904), si erano già succeduti al soglio pontificio ben 24 papi, di cui almeno quattro avvicendatosi in un solo anno. In seguito ce ne sarebbero stati altri di periodi scellerati, ma quello del X secolo supera ogni immaginazione.
Il papa, oltre ad essere il capo della chiesa universale, era anche il capo del Principato territoriale di San Pietro, del patrimonio di San Pietro, come è chiamato nei documenti del tempo, ed è chiaro che il seggio papale faceva gola ai nobili romani, che volevano esercitare anche in Roma, quello stesso potere di fatto, che esercitavano i loro confratelli in altre città italiane.
Roma era, dunque, arbitra del potere temporale ed era dominata da una famiglia patrizia di origine longobarda, dal cui capostipite Teofilatto, conte di Tuscolo e senator Romanorum, discenderà la famiglia dei Colonna. Costui, coadiuvato nella sua discutibile gestione dalla moglie Teodora e dalla figlia Marozia, era a capo dell’esercito romano e dell'amministrazione finanziaria della Santa Sede. Vescovi e papi, venivano nominati a seconda dell’interesse della potente famiglia ed erano le due donne a determinarne la linea da intraprendere.
Caparbia e ambiziosa Teodora, fregiata del titolo di senatrice insignitole daTeofilatto, aveva già messo mano ad alcune nomine papali, portando il suo amante, vescovo di Bologna, all’arcivescovato di Ravenna. Teodora lavorò armoniosamente con suo marito per creare una coalizione di sovrani italiani sotto il pontificato. Purtuttavia, un segno di quanto la nobiltà a Roma fosse corrotta, Teodora lo lanciò "dando in pasto sua figlia quindicenne a papa Sergio III" (45enne - 904-911), che la sedusse nel Palazzo in Laterano. L'affare permise alla famiglia di Teofilatto, di stabilire un rapporto più stretto con Sergio e consolidare la loro posizione di potere. Il risultato di questo rapporto fu un figlio illegittimo di nome Giovanni, nato intorno al 906.
Papa Sergio comparve in Roma nel 904, con un contingente militare fornitogli da Alberico I, Margrave di Camerino e Duca di Spoleto. Spodestato l'antipapa Cristoforo, che aveva a sua volta appena deposto Leonardo V, con il supporto di Teofilatto, prese possesso del trono papale, insudiciandolo di ogni vizio; ma merita credito per aver restaurato la venerabile chiesa del Laterano, distrutta da un terremoto nel 896 e derubata da inestimabili tesori. Sergio riuscì a rimanere in carica fino alla sua morte nel 911.
Riferendosi a qule tempo, Liutprando, vescovo di Cremona (886 – 950) nel suo Antaposidis, una storia del papato, scrisse: “… andavano a caccia su cavalli bardati d’oro, facevano ricchi banchetti con danzatrici quando la caccia era finita e si ritiravano con le loro puttane in letti con lenzuola di seta e coperte ricamate in oro. Tutti i vescovi romani erano sposati e le loro mogli vestivano abiti di seta e paramenti sacri”.
Papa Sergio III |
Dopo il breve regno di altri due papi, contrariamente a tutti i canoni, per volere di Teodora, ma ancor più per conveniente gratificazione della propria passione, iniziò il pontificato di Giovanni X (914 -928), arcivescovo di Ravenna. Di lui scrive nel suo Antapodosis il vescovo di Cremona Liutprando, uno dei pochi scrittori colti del tempo, svelando che quando era arcivescovo di Ravenna, Giovanni era il famoso amante di una delle signore principali (che non sapeva scrivere il suo nome) della "nobiltà" romana.
Successivamente Marozia si legò ad Alberico I, un potente aristocratico di discendenza franca, che aveva ereditato il ducato di Spoleto dopo aver ucciso il Duca Guido IV. Era proprio il tipo di uomo che Teofilatto voleva nella sua cerchia di alleati.
Il nuovo papa, della nobile famiglia dei Cenci, era un uomo coraggioso, dalle abilità militari straordinarie, che giocò un ruolo importante nell'alleanza con Teofilatto. Si mise a capo di un'armata come primo soldato fra i papi, e sconfisse, una volta per tutte, i Saraceni al Garigliano. Annunciò poi la vittoria nei toni di un generale. Anche Alberico appoggiò la coalizione, formata, oltre che dalle truppe pontificie, da quelle di altri principi meridionali.
Grazie a questa vittoria Alberico venne nominato console di Roma, e fu in questa occasione che ebbe dal suocero Teofilatto e da Teodora, la mano di sua figlia Marozia, che era ancora un prodotto molto commerciabile e con la quale aveva già una relazione extraconiugale, dalla quale ebbe tre (chi dice cinque) figli: Alberico II, David e una figlia, Bertha. Ma Alberico non visse a lungo, morì ad Orte in una sommossa organizzata. Fu assalito e ucciso dagli Ungari da lui stesso chiamati in aiuto per la riconquista di Roma.
Ferdinand Gregorovius, storico e medievista tedesco, ipotizza che Alberico (rimasto unico leader di Roma dopo la morte dei suoceri Teofilatto (924 ca.) e Teodora (916), che da tempo covava un sentimento di rivalsa su papa Giovanni, animosità favorita dalla moglie Marozia, possa essere stato protagonista del colpo di mano. Ma egli stesso non manca di osservare come non esistano documenti coevi che dimostrino che Alberico fosse ancora in vita dopo il 917.
Giovanni X, che alla morte di Alberico concesse il feudo di Spoleto a suo fratello Petrus, s'impegnò in un feroce gioco di forza per il potere con Marozia, stipulando un favorevole accordo con Ugo di Provenza, che lo avrebbe difeso dalle turbolenze e dalle fazioni capitoline guidate dalla agguerrita Marozia, in cambio della tiara imperiale.
Dall'incoronazione di Carlo Magno nella notte di Natale del 800 da parte di Leone III, si era stabilito un inossidabile principio politico e cioè che fosse il papa il solo deputato a consacrare gli Imperatori d'Occidente.
Dopo "l'assassinio" di Alberico I, Marozia, che si nominò senatrice e patrizia, offrì la propria mano quanto l'amore che poté dividere fra i suoi numerosi spasimanti, a Guido, Margrave di Toscana, fratellastro di Ugo di Provenza, che accettò il prezzo con entusiasmo. Ma poi, in seguito alla sua misteriosa morte, per un paio di anni Roma fu teatro di furiose mischie; ma la lotta entrò nella sua fase più acuta nel 928. Contraria a cedere il suo secolare potere su Roma, Marozia decise a recuperare il saldo controllo di Roma. Entrò di soppiatto nella città nelle mura del Laterano con un poderoso contingente armato, dove uccisero Petrus davanti agli occhi del fratello e posero Giovanni X in arresto, deportandolo in Castel sant'Angelo, dove sarebbe morto in una segreta pochi mesi dopo. Liutprando, vescovo di Cremona scrisse "gli hanno messo un cuscino sulla bocca per cui lo hanno soffocato più malvagiamente". Marozia si prese poi la briga di prendersi cura dei figli di Giovanni, Leonardo IV, Stefano VII. Teodora, l'amante che lo aveva amato, era rimasta allibita e addolorata, ma sua figlia non ebbe rimpianti. Negli anni che seguirono, finché suo figlio Giovanni non compì ventuno anni, installò due papi marionette, Leone VI e Stefano VII, che non avevano alcun potere politico.
Il colpo di stato era completo e Marozia ora aveva il completo controllo. Con la morte di suo marito e dei suoi genitori, Marozia prese la guida della famiglia che controllava Roma. Aveva capito che il sesso era politica e poteva usarlo a suo vantaggio in un mondo patriarcale. Ovviamente bella e seducente per gli uomini, era anche intelligente, volitiva e indipendente come sua madre.
Per le sue terze nozze, l’inesauribile ambizione di Marozia mirò molto in alto: Ugo di Provenza, suo cognato, opportunamente reso vedovo, le avrebbe assicurato l’agognata tiara di Regina ed il controllo dell’intera Italia.
Ugo pensò che fosse un buon affare e arrivò a Roma nel 932 con un piccolo esercito, accampandosi fuori dalla città. La nobiltà e il clero lo accolsero con molti onori, accompagnandolo a Castel Sant'Angelo dove l'attendeva la sposa. Le nozze furono celebrate da Giovanni XI, il figlio che Marozia aveva avuto dalla relazione con papa Sergio III, e furono tutti destinati ad essere incoronati. Ma Marozia si era dimenticata del suo secondogenito Alberico, il quale non era felice di essere lasciato fuori da questa incoronazione. Si presentò alle nozze con un'ascia per macinare. Liutprando descrive la scena così:
"Alberico, su richiesta di sua madre, stava versando acqua in modo che il re Ugo, il suo patrigno, potesse lavarsi le mani, quando d'improvviso fu colpito in faccia da lui, che lo rimproverò perché non avrebbe versato l'acqua con moderazione e attenzione". Non è chiaro cosa sia successo esattamente, ma successivamente Alberico radunò attorno a sé sia l'aristocrazia romana che i cittadini, riuscendo a convincerli a porre l'assedio a Castel Sant'Angelo, dove risiedevano Marozia e Ugo. La folla assaltò il palazzo e mise Marozia agli arresti, così pure papa Giovanni, che fu tenuto a stretta sorveglianza per cinque anni, fino alla morte di Marozia in prigione.
A questo punto, la donna che aveva stravolto la Chiesa di Roma con il suo fascino e la sua spregiudicatezza scompare dai riflettori della storia. Dopo il colpo di stato riuscito, Alberico prese il controllo su Roma, proclamandosi 'primo senatore e unico capo dei romani' (primus senator nec non unicus dux romanorum) e 'tesoriere della Santa Sede' (sacri palatii vestararius), il titolo una volta tenuto da suo nonno.
Questo periodo viene chiamato HETAEROCRACY - Pornocrazia in italiano
Pubblicato su Facebook - gruppo alessandro barbero - dai suoi appassionati lettori
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