Vita da homeless
In un mondo che si rispetti, non si può lasciar morire dal freddo degli esseri umani nelle città.
Un grande dilemma dell'umanità è quello di risolvere una volta per tutte la vita degli homeless. Dare loro una possibilità di salvezza, se non dalle angherie, prepotenze e incomprensioni che hanno dovuto subire nel corso della vita, almeno da quelle di un clima impossibile, che sia caldo o freddo, che si abbatte nella sua forma più estrema, in quei luoghi dove la vita di tutti si svolge nella comunità: le città.
Non è possibile rimanere indifferenti quando si sentono notizie di unità, decine, centinaia o migliaia di persone, che muoiono assiderate su qualche panchina o nei tunnel delle stazioni.
Ieri, un clochard e' stato trovato morto per il freddo nella notte a Varese; altri due senza fissa dimora morti a Roma e a Perugia.
Anche a Milano nella notte ci ha rimesso la vita nel gran gelo un clochard, una di quelle persone che si preoccupano sin dal mattino di cercarsi qualche angolo dove poter posizionare i suoi cartoni. Una di quelle persone che fino a ieri probabilmente avevano un tetto, una famiglia, degli affetti persi inesorabilmente per strada.
Non bastano le ronde notturne di coloro che distribuiscono bevande calde, cibo e coperte. Non bastano i bei gesti individuali di qualcuno, come feci io alcuni inverni fa, regalando il mio cappotto di cammello ad un paio di profughi rumeni che avevano alzato una tenda canadese nei giardini prospicienti Piazza Venezia a Roma. Non bastano i volontari del Comune o le associazioni benefiche.
E' un problema che va risolto con qualcosa di più corposo: ad esempio, con rifugi nelle città, provvisti di refettori e posti letto, nonchè dare a questi sfortunati la possibiltà d'inserirsi nella società e nella vita produttiva del Paese.
Non dovrebbe essere impossibile per lo Stato realizzare qualcosa del genere: basterebbe solo volerlo!
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