Angola (Louisiana), la prigione degli schiavi

Nella martoriata Louisiana (Usa), a 59 miglia nord-ovest di Baton Rouge, per certi versi esiste ancora la schiavitù. Ad esempio, nell'azienda agricola denominata "Angola", in effetti un penitenziario di massima sicurezza ubicato su una distesa di 18.000 acri di terreno (fate voi la conversione in ettari), lunghe fili di uomini, l'80 per cento di origine afro-americana, selezionano cotone, frumento, soia e cereali per gran parte del giorno sotto un sole che spacca le pietre, guardati a vista da guardie armate, in prevalenza di carnagione bianca, che vanno su è giù coi loro cavalli, per vigilare sul migliaio di disgraziati. E tutto questo per pochi pennies al giorno! A conclusione di un lunga settimana di lavoro, basta un solo rapporto disciplinare (vero o presunto) su un prigioniero da parte delle guardie, per indurre il malcapitato a lavorare duramente anche nel fine settimana.

La scena, che sarebbe stato lecito aspettarsi 150 anni fa, non è però un retaggio del passato, ma una scomoda verità attuale, che si ripete ogni giorno.

Su diversi terreni precedentemente occupati da piantagioni di schiavi, acquistate nei decenni successivi alla guerra civile, i prigionieri di Angola vengono pagati niente, appena 4 centesimi l'ora, adoperando lo stesso sistema di raccolta d'una volta.

Tuttavia, Angola, considerata una prigione innovativa e progressista, non è la sola. Il sedici per cento dei prigionieri della Louisiana sono costretti a svolgere il lavoro "in aziende agricole", così come lo sono il 17 per cento dei prigionieri del Texas e il 40 percento dei prigionieri dell'Arkansas, svela il 2002 Corrections Yearbook. l'Annuario 2002, compilato dal Criminal Justice Institute. Secondo il sito web Angola, la "massiccia riforma" ha trasformato il carcere in un ambiente "stabile, sicuro e costituzionale". Una miriade di nuovi programmi basati sulla Fede ad Angola ha ottenuto un gran numero di citazioni sui media, compreso il Washington Post e Christian Science Monitor.

Per leggere la storia intera (in inglese) cliccare qui

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